Il razionamento del credito bancario conseguente al verificarsi della crisi finanziaria ha colpito in modo particolare le imprese italiane, in quanto, tradizionalmente sottocapitalizzate e fortemente esposte soprattutto verso il circuito bancario. Lo sfruttamento del meccanismo della leva finanziaria, infatti, per quanto esalti il rendimento del capitale in fasi cicliche favorevoli, implica l’aggravarsi delle conseguenze negative che la riduzione dei livelli di produzione e delle vendite hanno sugli indicatori economico-finanziari. Inoltre, con l’incedere della crisi, è venuto meno l’accesso al canale di finanziamento a cui le imprese facevano tradizionalmente prevalentemente ricorso, ossia il sistema bancario. Le imprese di piccole e medie dimensioni sono state quelle che hanno in particolar modo sofferto tale situazione a fronte della totale indisponibilità di canali di finanziamento alternativi. In virtù di tale situazione, il legislatore è intervenuto a creare le condizioni per lo sviluppo di fonti di finanziamento alternative incentivando, inter alia, lo sviluppo del mercato del capitale di debito. Infatti, il mercato obbligazionario è stato da sempre sostanzialmente precluso alle imprese che non appartenessero alla categoria dei cosiddetti grandi emittenti. Il mancato ricorso da parte delle PMI, è conseguito non solo alle peculiarità del nostro sistema finanziario tradizionalmente banco- centrico ma anche a una normativa fortemente disincentivante. Il legislatore interviene appunto a sterilizzare le condizioni di accesso al mercato del capitale di debito, incentivando le società non quotate, di cui la maggior parte appartiene alla categoria delle PMI. In particolare, vengono introdotte misure normative volte a eliminare i stringenti limiti all’indebitamento obbligazionario posti dal diritto comune per le società non quotate, nonché a parificare il trattamento fiscale degli interessi passivi relativi ai titoli di debito da queste emessi, rispetto alle condizioni di favore previste per le società quotate. Inoltre, vengono predisposti una serie di ulteriori incentivi per favorire l’accesso al mercato del capitale di debito ma anche finalizzati a creare le condizioni per creare un maggiore attivismo dal lato della domanda, ovvero da parte di investitori qualificati. Il lavoro mira ad analizzare la portata di tali novità legislative da un punto di vista civilistico e fiscale nonché l’effetto che tali normative hanno avuto sulla composizione delle fonti di finanziamento delle imprese, avendo particolare riguardo alle PMI data la maggiore difficoltà che tale categoria di imprese incontra rispetto all’accesso a canali di finanziamento alternativi al credito bancario.
Strumenti alternativi di finanziamento alle pmi e disintermediazione bancaria, evidenze empiriche alla luce dei recenti interventi normativi in materia di titoli di debito / Cucca, MARIA GABRIELLA. - (2017 Nov 09).
Strumenti alternativi di finanziamento alle pmi e disintermediazione bancaria, evidenze empiriche alla luce dei recenti interventi normativi in materia di titoli di debito
CUCCA, MARIA GABRIELLA
2017
Abstract
Il razionamento del credito bancario conseguente al verificarsi della crisi finanziaria ha colpito in modo particolare le imprese italiane, in quanto, tradizionalmente sottocapitalizzate e fortemente esposte soprattutto verso il circuito bancario. Lo sfruttamento del meccanismo della leva finanziaria, infatti, per quanto esalti il rendimento del capitale in fasi cicliche favorevoli, implica l’aggravarsi delle conseguenze negative che la riduzione dei livelli di produzione e delle vendite hanno sugli indicatori economico-finanziari. Inoltre, con l’incedere della crisi, è venuto meno l’accesso al canale di finanziamento a cui le imprese facevano tradizionalmente prevalentemente ricorso, ossia il sistema bancario. Le imprese di piccole e medie dimensioni sono state quelle che hanno in particolar modo sofferto tale situazione a fronte della totale indisponibilità di canali di finanziamento alternativi. In virtù di tale situazione, il legislatore è intervenuto a creare le condizioni per lo sviluppo di fonti di finanziamento alternative incentivando, inter alia, lo sviluppo del mercato del capitale di debito. Infatti, il mercato obbligazionario è stato da sempre sostanzialmente precluso alle imprese che non appartenessero alla categoria dei cosiddetti grandi emittenti. Il mancato ricorso da parte delle PMI, è conseguito non solo alle peculiarità del nostro sistema finanziario tradizionalmente banco- centrico ma anche a una normativa fortemente disincentivante. Il legislatore interviene appunto a sterilizzare le condizioni di accesso al mercato del capitale di debito, incentivando le società non quotate, di cui la maggior parte appartiene alla categoria delle PMI. In particolare, vengono introdotte misure normative volte a eliminare i stringenti limiti all’indebitamento obbligazionario posti dal diritto comune per le società non quotate, nonché a parificare il trattamento fiscale degli interessi passivi relativi ai titoli di debito da queste emessi, rispetto alle condizioni di favore previste per le società quotate. Inoltre, vengono predisposti una serie di ulteriori incentivi per favorire l’accesso al mercato del capitale di debito ma anche finalizzati a creare le condizioni per creare un maggiore attivismo dal lato della domanda, ovvero da parte di investitori qualificati. Il lavoro mira ad analizzare la portata di tali novità legislative da un punto di vista civilistico e fiscale nonché l’effetto che tali normative hanno avuto sulla composizione delle fonti di finanziamento delle imprese, avendo particolare riguardo alle PMI data la maggiore difficoltà che tale categoria di imprese incontra rispetto all’accesso a canali di finanziamento alternativi al credito bancario.File | Dimensione | Formato | |
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