Il 18 febbraio u.s., all’indomani dell’emanazione del d.l. n. 3 del 24 gennaio 2015, in un seminario - organizzato dall’Università Luiss G. Carli e dalla Fondazione G. Capriglione Onlus - un panel di oratori, costituito da studiosi ed esperti esponenti del settore bancario, ha commentato i contenuti del provvedimento normativo in parola. Sono stati messi a fuoco i variegati profili disciplinari dell’importante innovazione della regolazione creditizia disposta dal Governo. La modifica del modello organizzativo delle ‘banche popolari’ - ora circoscritto alle sole società cooperative con un attivo contenuto nel limite di otto miliardi di euro - incide, infatti, in modo significativo sulla morfologia del settore del credito. Essa riflette esigenze molteplici: in primo luogo quella di conformare la qualificazione di cooperativa, attribuita a taluni soggetti abilitati, alla presenza nei medesimi delle caratteristiche di ‘tipo’ che connotano le società in parola. Da qui la necessità, avvertita dal legislatore, di far chiarezza sulle reali ragioni che, fino ad oggi, hanno indotto molti enti della categoria a restare sotto l’egida della cooperazione. Uno dei temi maggiormente critici della riforma è costituito dalle limitazioni all'esercizio del diritto di recesso da parte del socio che non condivide la trasformazione della popolare cooperativa in s.p.a. non cooperativa
Il diritto di recesso nella riforma delle banche popolari / Di Ciommo, Francesco. - (2015), pp. 83-108.
Il diritto di recesso nella riforma delle banche popolari
DI CIOMMO, FRANCESCO
2015
Abstract
Il 18 febbraio u.s., all’indomani dell’emanazione del d.l. n. 3 del 24 gennaio 2015, in un seminario - organizzato dall’Università Luiss G. Carli e dalla Fondazione G. Capriglione Onlus - un panel di oratori, costituito da studiosi ed esperti esponenti del settore bancario, ha commentato i contenuti del provvedimento normativo in parola. Sono stati messi a fuoco i variegati profili disciplinari dell’importante innovazione della regolazione creditizia disposta dal Governo. La modifica del modello organizzativo delle ‘banche popolari’ - ora circoscritto alle sole società cooperative con un attivo contenuto nel limite di otto miliardi di euro - incide, infatti, in modo significativo sulla morfologia del settore del credito. Essa riflette esigenze molteplici: in primo luogo quella di conformare la qualificazione di cooperativa, attribuita a taluni soggetti abilitati, alla presenza nei medesimi delle caratteristiche di ‘tipo’ che connotano le società in parola. Da qui la necessità, avvertita dal legislatore, di far chiarezza sulle reali ragioni che, fino ad oggi, hanno indotto molti enti della categoria a restare sotto l’egida della cooperazione. Uno dei temi maggiormente critici della riforma è costituito dalle limitazioni all'esercizio del diritto di recesso da parte del socio che non condivide la trasformazione della popolare cooperativa in s.p.a. non cooperativaFile | Dimensione | Formato | |
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