Self-sustaining planetary cities: experimentations between technology and proximity towards commons-based human settlements fit for extreme conditions

The widespread impact on human lives of the COVID-19 pandemic made emerge probably for the first time in the public conscience a new trend that will increasingly be relevant for legal, political, and economic sciences: the convergence of and interplay between global and local dynamics. This phenomenon, visible also in the emergence and handling of other crisis factors like climate change, wars, droughts, famines, natural disasters, and biodiversity loss, emphasizes the need in the future to overcome internationalist or globalist approaches for more nuanced approaches and more complex governance solutions to address issues that are “planetary” in the nature, that is to say global and local at the same time. What is the role of cities in this paradigm shift? Planetarism calls for the need to conceive cities as self-sustaining, but self-sustenance may lead to the risk of undemocratic governance. Applying the City as a Commons’ framework may help manage both the planetary crises cities will have to address, as much as the risk of authoritarianismin cities. This article investigates three urban experimentations that may suggest that self-sustenance and democratic, participatory governance are possible if we adopt a commons-based approach: energy communities, Community Land Trusts, sustainable manufacturing and green cooperatives. It finally discusses the results of this analysis and suggest that this hypothesis may be useful for the ongoing conversation on the implementation the principles embedded in the One Health and Planetary Health approaches.

L’impatto diffuso della pandemia di COVID-19 sulla vita umana ha fatto emergere, probabilmente per la prima volta nella coscienza pubblica, una nuova tendenza che sarà sempre più rilevante per le scienze giuridiche, politiche ed economiche: la convergenza e l’interazione tra dinamiche globali e locali. Questo fenomeno, visibile anche nell’emergere e nella gestione di altri fattori di crisi come il cambiamento climatico, le guerre, la siccità, le carestie, i disastri naturali e la perdita di biodiversità, sottolinea la necessità in futuro di superare gli approcci internazionalisti o globalisti per approcci più sfumati e per soluzioni di governance più complesse per affrontare questioni che sono per natura “planetarie”, vale a dire globali e locali allo stesso tempo. Qual è il ruolo delle città in questo cambiamento di paradigma? Il planetarism richiede la necessità di concepire le città come autosufficienti, ma l’autosostentamento può portare al rischio di una governance non democratica. Applicare la teoria della “città come bene comune” può aiutare a gestire sia le crisi planetarie che le città dovranno affrontare, sia il rischio di autoritarismo nelle città. Questo articolo analizza tre esperimenti urbani che potrebbero suggerire che l’autosostentamento e la governance democratica e partecipativa sono possibili se adottiamo un approccio basato sui beni comuni: comunità energetiche, Community Land Trusts, produzione sostenibile e cooperative verdi. Infine, vengono discussi i risultati di questa analisi e si suggerisce che questa ipotesi potrebbe essere utile per il dibattito in corso sull’attuazione dei principi incorporati negli approcci One Health e Planetary Health.