La recente riproposizione della categoria degli atti politici insindacabili all’interno del Codice del processo amministrativo, assieme alle novità contenute nella pronunzia n. 81 del 2012 della Corte costituzionale, hanno circondato di nuova attualità la problematica della sindacabilità dell’atto politico e della sua distinzione rispetto agli atti di alta amministrazione. L’autore, dopo una breve ricognizione delle principali teorie concernenti l’atto politico e dopo aver riportato quest’ultimo all’attività di indirizzo politico del Governo di cui all’art. 95 Cost., analizza la portata innovativa della sentenza n. 81 del 2012 della Consulta e le sue possibili ricadute applicative. Fatto ciò, si sofferma diffusamente e criticamente sulla recente giurisprudenza ordinaria e amministrativa tesa a circoscrivere ulteriormente la nozione di atto politico ai soli atti internazionali del Governo e volta ad ammettere il sindacato giurisdizionale nei riguardi di alcuni atti costituzionali in ragione della necessità di garantire l’effettività della tutela (Cass., sez. unite civ., n. 16305 del 28 Giugno 2013). Inoltre, esamina alcuni atti di incerta qualificazione, ove il dubbio in ordine alla loro politicità è il frutto, tra l’altro, di un’insufficiente predeterminazione normativa che attribuisce al Governo/amministrazione una discrezionalità dai contorni amplissimi e determina il rischio che, in sede di sindacato giurisdizionale, il giudice amministrativo arretri in un’ottica di deference oppure sostituisca le proprie valutazioni a quelle dell’amministrazione. Da ultimo, l’autore affronta, attraverso la lente del principio della separazione dei poteri inteso quale equilibrio-bilanciamento, il problematico rapporto tra la garanzia di una tutela effettiva e la salvaguardia della discrezionalità amministrativa e della discrezionalità politica del Governo. In tal modo, egli, lungi dal ritenere in ogni caso prevalente, come sembra fare la giurisprudenza, il principio di effettività di cui agli artt. 24 e 113 Cost., sostiene la possibilità di operare un bilanciamento in concreto tra quest’ultimo e la necessità di garantire il rispetto della separazione dei poteri, quantomeno nella sua dimensione essenziale.
Gli atti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico nella più recente giurisprudenza tra separazione dei poteri e bilanciamenti costituzionali / Pagano, Fabio Francesco. - In: DIRITTO PUBBLICO. - ISSN 1721-8985. - 3(2014), pp. 863-914. [10.1438/77836]
Gli atti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico nella più recente giurisprudenza tra separazione dei poteri e bilanciamenti costituzionali
Fabio Francesco Pagano
2014
Abstract
La recente riproposizione della categoria degli atti politici insindacabili all’interno del Codice del processo amministrativo, assieme alle novità contenute nella pronunzia n. 81 del 2012 della Corte costituzionale, hanno circondato di nuova attualità la problematica della sindacabilità dell’atto politico e della sua distinzione rispetto agli atti di alta amministrazione. L’autore, dopo una breve ricognizione delle principali teorie concernenti l’atto politico e dopo aver riportato quest’ultimo all’attività di indirizzo politico del Governo di cui all’art. 95 Cost., analizza la portata innovativa della sentenza n. 81 del 2012 della Consulta e le sue possibili ricadute applicative. Fatto ciò, si sofferma diffusamente e criticamente sulla recente giurisprudenza ordinaria e amministrativa tesa a circoscrivere ulteriormente la nozione di atto politico ai soli atti internazionali del Governo e volta ad ammettere il sindacato giurisdizionale nei riguardi di alcuni atti costituzionali in ragione della necessità di garantire l’effettività della tutela (Cass., sez. unite civ., n. 16305 del 28 Giugno 2013). Inoltre, esamina alcuni atti di incerta qualificazione, ove il dubbio in ordine alla loro politicità è il frutto, tra l’altro, di un’insufficiente predeterminazione normativa che attribuisce al Governo/amministrazione una discrezionalità dai contorni amplissimi e determina il rischio che, in sede di sindacato giurisdizionale, il giudice amministrativo arretri in un’ottica di deference oppure sostituisca le proprie valutazioni a quelle dell’amministrazione. Da ultimo, l’autore affronta, attraverso la lente del principio della separazione dei poteri inteso quale equilibrio-bilanciamento, il problematico rapporto tra la garanzia di una tutela effettiva e la salvaguardia della discrezionalità amministrativa e della discrezionalità politica del Governo. In tal modo, egli, lungi dal ritenere in ogni caso prevalente, come sembra fare la giurisprudenza, il principio di effettività di cui agli artt. 24 e 113 Cost., sostiene la possibilità di operare un bilanciamento in concreto tra quest’ultimo e la necessità di garantire il rispetto della separazione dei poteri, quantomeno nella sua dimensione essenziale.File | Dimensione | Formato | |
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