Lo scritto prende le mosse dall’analisi del fenomeno del rinvio legislativo allo scopo di analizzarne la ratio e la compatibilità con i principi cardine del diritto penale. Vengono poste in luce le diverse forme di rinvio con particolare attenzione alle differenze tra rinvio statico e dinamico ed all’individuazione di possibili criteri ermeneutici che guidino l’interprete in siffatta distinzione, rilevante per la determinazione della condotta incriminata e della sanzione. A tal fine viene analizzato un leading case, rappresentato dall’art. 187, co. 8, Codice della strada, il quale opera un rinvio all’art. 186, co. 7, dello stesso testo legislativo, che appare di controversa qualificazione, atteso che la lettera della norma, alla luce delle varie modificazioni subite, risulta chiara nel definire la fattispecie come illecito amministrativo e, quindi, il rinvio come statico, ma la giurisprudenza di legittimità ritiene che il rinvio sia dinamico e che la norma rappresenti un illecito penale. Tale incertezza pone in evidenza la carenza di criteri discretivi sicuri ed oggettivi e come ciò lasci un ampio margine di discrezionalità all’interprete nella qualificazione della tipologia di rinvio. Il lavoro, quindi, esamina la complessa tematica dell’attività creatrice dei giudici e di come questa possa porsi in contrasto con i principi di legalità, riserva di legge e tassatività, oltre al conflitto con il divieto di analogia, dando luogo anche a possibili errori di diritto inevitabili. Al fine di prospettare un possibile superamento di tali tensioni con i principi cardine del diritto penale, lo scritto evidenzia come in mancanza di una volontà legislativa manifesta, proprio tali principi, espressione di altrettante garanzie costituzionali, dovrebbero orientare l’attività ermeneutica. In questa prospettiva si dovrebbe giungere a ritenere che a fronte di più interpretazioni plausibili, l’attività degli interpreti è limitata dalla scelta ermeneutica più confacente ai sopra richiamati principi, che nel nostro ordinamento risulta essere quella più favorevole al reo. Quest’ultima, infatti, è conforme alla visione garantista della legalità imposta dalla Costituzione italiana, e, dunque, ai principi del favor rei, extrema ratio, sussidiarietà, meritevolezza e frammentarietà. Al termine del lavoro si applicano le descritte argomentazioni al leading case analizzato, concludendo che l’interpretazione costituzionalmente orientata dovrebbe condurre a ritenere che l’art. 187, co. 8 c.d.s., sia ormai depenalizzato e che il rinvio operato all’art. 186, co. 7, c.d.s. sia soltanto da intendersi quod poenam e dunque qualificabile come statico.
Il rinvio normativo tra esigenze di semplificazione e legalità penale: un altro esempio di scollamento tra princìpi garantistici e prassi securitarie / Aragona, Valentina. - In: LE CORTI CALABRESI. - ISSN 2282-2860. - 2(2015), pp. 1-30.
Il rinvio normativo tra esigenze di semplificazione e legalità penale: un altro esempio di scollamento tra princìpi garantistici e prassi securitarie
Valentina Aragona
2015
Abstract
Lo scritto prende le mosse dall’analisi del fenomeno del rinvio legislativo allo scopo di analizzarne la ratio e la compatibilità con i principi cardine del diritto penale. Vengono poste in luce le diverse forme di rinvio con particolare attenzione alle differenze tra rinvio statico e dinamico ed all’individuazione di possibili criteri ermeneutici che guidino l’interprete in siffatta distinzione, rilevante per la determinazione della condotta incriminata e della sanzione. A tal fine viene analizzato un leading case, rappresentato dall’art. 187, co. 8, Codice della strada, il quale opera un rinvio all’art. 186, co. 7, dello stesso testo legislativo, che appare di controversa qualificazione, atteso che la lettera della norma, alla luce delle varie modificazioni subite, risulta chiara nel definire la fattispecie come illecito amministrativo e, quindi, il rinvio come statico, ma la giurisprudenza di legittimità ritiene che il rinvio sia dinamico e che la norma rappresenti un illecito penale. Tale incertezza pone in evidenza la carenza di criteri discretivi sicuri ed oggettivi e come ciò lasci un ampio margine di discrezionalità all’interprete nella qualificazione della tipologia di rinvio. Il lavoro, quindi, esamina la complessa tematica dell’attività creatrice dei giudici e di come questa possa porsi in contrasto con i principi di legalità, riserva di legge e tassatività, oltre al conflitto con il divieto di analogia, dando luogo anche a possibili errori di diritto inevitabili. Al fine di prospettare un possibile superamento di tali tensioni con i principi cardine del diritto penale, lo scritto evidenzia come in mancanza di una volontà legislativa manifesta, proprio tali principi, espressione di altrettante garanzie costituzionali, dovrebbero orientare l’attività ermeneutica. In questa prospettiva si dovrebbe giungere a ritenere che a fronte di più interpretazioni plausibili, l’attività degli interpreti è limitata dalla scelta ermeneutica più confacente ai sopra richiamati principi, che nel nostro ordinamento risulta essere quella più favorevole al reo. Quest’ultima, infatti, è conforme alla visione garantista della legalità imposta dalla Costituzione italiana, e, dunque, ai principi del favor rei, extrema ratio, sussidiarietà, meritevolezza e frammentarietà. Al termine del lavoro si applicano le descritte argomentazioni al leading case analizzato, concludendo che l’interpretazione costituzionalmente orientata dovrebbe condurre a ritenere che l’art. 187, co. 8 c.d.s., sia ormai depenalizzato e che il rinvio operato all’art. 186, co. 7, c.d.s. sia soltanto da intendersi quod poenam e dunque qualificabile come statico.File | Dimensione | Formato | |
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