Chi dovrebbe governare un’impresa? Quali soggetti dovrebbero avere il diritto di nominare propri rappresentanti nel consiglio d’amministrazione? Ad un’analisi di prima approssimazione la risposta a questa domanda appare scontata: il diritto di governo economico spetta per legge agli azionisti perché hanno conferito all’impresa risorse monetarie sotto forma di capitale di rischio. Tuttavia, ad un successivo approfondimento, è facile osservare che non solo i conferenti di capitale, ma anche altri stakeholder (come i creditori, i dipendenti, i fornitori di beni, i clienti, ecc.) assumono parte del rischio aziendale. Inoltre si rileva che, oltre all’assunzione del rischio generale di impresa, anche altri contributi possono assumere grande criticità ai fini della sopravvivenza e lo sviluppo di lungo periodo dell’impresa. Partendo da queste riflessioni, nelle pagine che seguono s’intende presentare un modello economico di tipo contingency che definisce quale sia l’allocazione ottimale dei diritti e delle responsabilità dei vari stakeholder che partecipano all’impresa, cioè quella allocazione in grado di massimizzare l’efficienza e l’efficacia con cui sono gestite le attività aziendali. La trattazione è divisa in tre parti. Nel primo paragrafo si sottolinea che i differenti stakeholder che forniscono un contributo all’impresa sono portatori di interessi non del tutto sovrapponibili tra loro e che, per questo motivo, l’attribuzione dei diritti di controllo a determinate categorie di soggetti può modificare notevolmente le caratteristiche dell’assetto istituzionale dell’impresa e la performance da questa conseguita. Nel secondo paragrafo si propone una teoria del governo economico di un'impresa, secondo la quale il diritto di controllo deve essere attribuito agli stakeholder che forniscono contributi “critici”. All’interno del modello proposto il concetto di criticità è definito utilizzando un insieme composito di elementi riconducibili alla difficoltà di regolare contrattualmente l’equilibrio tra il contributo e la ricompensa, alla disponibilità ad assumere parte del rischio economico che grava sull'azienda e alla scarsità e all’importanza delle risorse apportate all'impresa. Infine, nel terzo paragrafo, si descrivono i tipi base di strategie “istituzionali” che un’impresa può adottare, nei limiti delle regole determinate dall’ordinamento giuridico, per contemperare gli interessi degli stakeholder che le forniscono un contributo “critico”. Per dare maggiore concretezza all'analisi svolta, si presentano alcuni casi relativi ad imprese che hanno adottato una o più delle strategie istituzionali descritte.
Chi dovrebbe governare un’impresa? / Zattoni, Alessandro. - In: ECONOMIA & MANAGEMENT. - ISSN 1120-5032. - 4(2005), pp. 61-78.
Chi dovrebbe governare un’impresa?
ZATTONI, ALESSANDRO
2005
Abstract
Chi dovrebbe governare un’impresa? Quali soggetti dovrebbero avere il diritto di nominare propri rappresentanti nel consiglio d’amministrazione? Ad un’analisi di prima approssimazione la risposta a questa domanda appare scontata: il diritto di governo economico spetta per legge agli azionisti perché hanno conferito all’impresa risorse monetarie sotto forma di capitale di rischio. Tuttavia, ad un successivo approfondimento, è facile osservare che non solo i conferenti di capitale, ma anche altri stakeholder (come i creditori, i dipendenti, i fornitori di beni, i clienti, ecc.) assumono parte del rischio aziendale. Inoltre si rileva che, oltre all’assunzione del rischio generale di impresa, anche altri contributi possono assumere grande criticità ai fini della sopravvivenza e lo sviluppo di lungo periodo dell’impresa. Partendo da queste riflessioni, nelle pagine che seguono s’intende presentare un modello economico di tipo contingency che definisce quale sia l’allocazione ottimale dei diritti e delle responsabilità dei vari stakeholder che partecipano all’impresa, cioè quella allocazione in grado di massimizzare l’efficienza e l’efficacia con cui sono gestite le attività aziendali. La trattazione è divisa in tre parti. Nel primo paragrafo si sottolinea che i differenti stakeholder che forniscono un contributo all’impresa sono portatori di interessi non del tutto sovrapponibili tra loro e che, per questo motivo, l’attribuzione dei diritti di controllo a determinate categorie di soggetti può modificare notevolmente le caratteristiche dell’assetto istituzionale dell’impresa e la performance da questa conseguita. Nel secondo paragrafo si propone una teoria del governo economico di un'impresa, secondo la quale il diritto di controllo deve essere attribuito agli stakeholder che forniscono contributi “critici”. All’interno del modello proposto il concetto di criticità è definito utilizzando un insieme composito di elementi riconducibili alla difficoltà di regolare contrattualmente l’equilibrio tra il contributo e la ricompensa, alla disponibilità ad assumere parte del rischio economico che grava sull'azienda e alla scarsità e all’importanza delle risorse apportate all'impresa. Infine, nel terzo paragrafo, si descrivono i tipi base di strategie “istituzionali” che un’impresa può adottare, nei limiti delle regole determinate dall’ordinamento giuridico, per contemperare gli interessi degli stakeholder che le forniscono un contributo “critico”. Per dare maggiore concretezza all'analisi svolta, si presentano alcuni casi relativi ad imprese che hanno adottato una o più delle strategie istituzionali descritte.File | Dimensione | Formato | |
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