Il concetto di sviluppo sostenibile ha una pluralità di matrici – economiche, sociali, ambientali – e di obiettivi – quello più noto: conciliare i bisogni, le esigenze e gli interessi delle generazioni presenti con quelli delle generazioni future. Anche per questo il concetto è stato indagato sotto le più diverse prospettive. Sarebbe impossibile darne un’idea in questa sede, anche immaginando uno spazio bibliografico adeguato. Meno indagato è il rapporto che il principio intreccia con il profilo dell’equità o dell’eguale trattamento. I due termini non sono affatto equivalenti, ma vogliono introdurre la seguente domanda: il principio dello sviluppo sostenibile può essere declinato anche come obbligo per le amministrazioni pubbliche di adottare decisioni in materia ambientale (anche in questo caso l’accezione è generalissima: dal regolamento dell’UE al provvedimento comunale) che evitino trattamenti diseguali ingiustificati? Siamo consapevoli che anche la domanda pecca di estrema genericità (trattamento diseguale nei confronti di chi? Un individuo, una comunità, un gruppo?), ma, come dicevamo, essa serve solo da apripista alla questione del rapporto tra principio dello sviluppo sostenibile ed equità delle scelte ambientali. Per quanto lo sviluppo sostenibile contenga al proprio interno un sicuro profilo sociale, è rimasta tuttavia nell’ombra l’analisi della proiezione del suddetto principio nei confronti del principio di eguaglianza nelle scelte ambientali. Eppure il problema è frequente e diffuso in ogni ordinamento democratico. Non si scopre niente di nuovo se si dice che le decisioni ambientali implicano effetti giuridici che rilevano dal punto di vista del principio di eguaglianza. Dove collocare opere dal forte impatto ambientale (non si pensi solo alle discariche, ma anche all’apertura di strade più o meno ad alta percorrenza, agli aeroporti e al loro posizionamento, ai depositi dei rifiuti nucleari, alle varie tipologie di antenne e ripetitori)? Come ripartire l’uso di risorse ambientali (acqua, risorse ittiche, risorse sotterranee)? Perché non collocare gli impianti di smaltimento di rifiuti pericolosi in quei Comuni dove sono insediati gli impianti che tali rifiuti producono? Sono domande le cui risposte implicano conseguenze notevoli sull’effettività del principio di eguaglianza. In particolare esse implicano dei principi che potremmo definire di equità ambientale. È possibile trovare nel diritto ambientale criteri che soddisfino le esigenze di equità ambientale? In assenza di tali criteri è possibile accontentarsi di soluzioni che, usando la terminologia economica, potremmo definire di second best, come le forme di compensazione sembrano suggerire? Per provare a rispondere a queste domande, può essere molto utile provare a esaminare, in grandi linee, le caratteristiche principali della c.d. Environmental Justice, che ha svolto un ruolo-chiave nell’ordinamento statunitense per affermare le esigenze dell’eguaglianza anche in relazione alle scelte ambientali (1). L’analisi si concentrerà successivamente sulle ragioni della mancata apertura del diritto ambientale europeo a queste istanze. (2). Verrà poi esaminato il rapporto tra Environmental Justice e sviluppo sostenibile (3) e si darà infine conto dei problemi che pone la mancanza di un principio di equità delle scelte ambientali (4).

Equità ambientale e sviluppo sostenibile: spunti per una riflessione a partire dall'esperienza dell'Environmental Justice / Bifulco, Raffaele; Scotti, Elisa. - Vol. 1, Tomo 1:(2016), pp. 169-180.

Equità ambientale e sviluppo sostenibile: spunti per una riflessione a partire dall'esperienza dell'Environmental Justice

Raffaele Bifulco
;
2016

Abstract

Il concetto di sviluppo sostenibile ha una pluralità di matrici – economiche, sociali, ambientali – e di obiettivi – quello più noto: conciliare i bisogni, le esigenze e gli interessi delle generazioni presenti con quelli delle generazioni future. Anche per questo il concetto è stato indagato sotto le più diverse prospettive. Sarebbe impossibile darne un’idea in questa sede, anche immaginando uno spazio bibliografico adeguato. Meno indagato è il rapporto che il principio intreccia con il profilo dell’equità o dell’eguale trattamento. I due termini non sono affatto equivalenti, ma vogliono introdurre la seguente domanda: il principio dello sviluppo sostenibile può essere declinato anche come obbligo per le amministrazioni pubbliche di adottare decisioni in materia ambientale (anche in questo caso l’accezione è generalissima: dal regolamento dell’UE al provvedimento comunale) che evitino trattamenti diseguali ingiustificati? Siamo consapevoli che anche la domanda pecca di estrema genericità (trattamento diseguale nei confronti di chi? Un individuo, una comunità, un gruppo?), ma, come dicevamo, essa serve solo da apripista alla questione del rapporto tra principio dello sviluppo sostenibile ed equità delle scelte ambientali. Per quanto lo sviluppo sostenibile contenga al proprio interno un sicuro profilo sociale, è rimasta tuttavia nell’ombra l’analisi della proiezione del suddetto principio nei confronti del principio di eguaglianza nelle scelte ambientali. Eppure il problema è frequente e diffuso in ogni ordinamento democratico. Non si scopre niente di nuovo se si dice che le decisioni ambientali implicano effetti giuridici che rilevano dal punto di vista del principio di eguaglianza. Dove collocare opere dal forte impatto ambientale (non si pensi solo alle discariche, ma anche all’apertura di strade più o meno ad alta percorrenza, agli aeroporti e al loro posizionamento, ai depositi dei rifiuti nucleari, alle varie tipologie di antenne e ripetitori)? Come ripartire l’uso di risorse ambientali (acqua, risorse ittiche, risorse sotterranee)? Perché non collocare gli impianti di smaltimento di rifiuti pericolosi in quei Comuni dove sono insediati gli impianti che tali rifiuti producono? Sono domande le cui risposte implicano conseguenze notevoli sull’effettività del principio di eguaglianza. In particolare esse implicano dei principi che potremmo definire di equità ambientale. È possibile trovare nel diritto ambientale criteri che soddisfino le esigenze di equità ambientale? In assenza di tali criteri è possibile accontentarsi di soluzioni che, usando la terminologia economica, potremmo definire di second best, come le forme di compensazione sembrano suggerire? Per provare a rispondere a queste domande, può essere molto utile provare a esaminare, in grandi linee, le caratteristiche principali della c.d. Environmental Justice, che ha svolto un ruolo-chiave nell’ordinamento statunitense per affermare le esigenze dell’eguaglianza anche in relazione alle scelte ambientali (1). L’analisi si concentrerà successivamente sulle ragioni della mancata apertura del diritto ambientale europeo a queste istanze. (2). Verrà poi esaminato il rapporto tra Environmental Justice e sviluppo sostenibile (3) e si darà infine conto dei problemi che pone la mancanza di un principio di equità delle scelte ambientali (4).
2016
978-88-98742-04-2
Equità ambientale e sviluppo sostenibile: spunti per una riflessione a partire dall'esperienza dell'Environmental Justice / Bifulco, Raffaele; Scotti, Elisa. - Vol. 1, Tomo 1:(2016), pp. 169-180.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11385/181170
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